Bleed, la comunicazione inconscia tra giocatore e personaggio (di Sarah Lynne Bowman)

Articolo di Sarah Lynne Bowman comparso originariamente su NordicLarp.org. Traduzione di Livia Blasi. Potete trovare la pubblicazione originale al seguente indirizzo: https://nordiclarp.org/2015/03/02/bleed-the-spillover-between-player-and-character/

Grazie Sarah Lynne Bowman per aver permesso la traduzione; grazie a Mikhail Sustersic, Pia Paolini e Giulia Cursi e il gruppo Donne Dadi & Dati per il sostegno e il beta-reading; grazie alle associazioni Eryados e Chaos League, i fotografi e i giocatori che hanno acconsentito all’uso delle immagini incluse in questo articolo (maggiori informazioni nelle relative didascalie).

Nota: d’accordo con l’autrice ho sostituito le foto dell’articolo originale con foto dalla scena italiana, o con immagini che ho ritenuto significative e equivalenti. Ogni errore in questa selezione e nelle didascalie in questo caso è mio.

Coloro che si dedicano al gioco di ruolo spesso lo fanno per entrare nei panni di un’altra persona, in una realtà di finzione che considerano “libera da conseguenze”. Tuttavia, i giocatori di ruolo talvolta vivono momenti in cui le emozioni, i pensieri, le relazioni e gli stati fisici della propria vita reale si rovesciano in quelli dei propri personaggi e viceversa. Negli studi dedicati al gioco di ruolo, questo fenomeno viene chiamato bleed [in italiano, “sanguinamento”, NdT]. [1]

Il bleed non è intrinsecamente negativo né positivo. Alcuni giocatori erigono forti barriere mentali tra sé stessi e il proprio personaggio in modo da evitare il bleed. Altri ricercano coscientemente una esperienza di bleed “giocando vicino a casa”. [2] In modo similare, alcuni giochi sono concepiti con l’intenzione di portare le persone il più lontano possibile dalle loro normali vite attraverso elementi fantastici o circostanze improbabili. Altri sono costruiti con lo specifico obiettivo di indurre una forte reazione emotiva nei giocatori e di incoraggiarli a considerare come la finzione si relaziona con le proprie vite.

Bleed: How Emotions Affect Role-Playing Experiences – Sarah Lynne Bowman

A prescindere dalle motivazioni del giocatore e dei designer, alcune volte il bleed avviene senza che venga indotto intenzionalmente. Queste esperienze possono cogliere di sorpresa, soprattutto quando i giocatori sono impreparati e non hanno strumenti su come discutere o gestire il bleed. Questo articolo si occuperà di spiegare il fenomeno da una prospettiva teorica, descrivere alcuni dei tipi di bleed, esaminare i dibattiti intorno all’argomento e suggerire alcune strategie per gestire le esperienze di bleed.

Il fenomeno del bleed

Per spiegare il fenomeno del bleed serve, come prima cosa, stabilire un vocabolario comune per aiutare a comprendere l’esperienza del gioco di ruolo nel suo insieme. Anzitutto, quando entriamo nel gioco da fuori, adottiamo un nuovo insieme di regole sociali, sia implicite che esplicite. [3] Queste regole sociali funzionano per il livello dell’interpretazione in-personaggio, per esempio: questa vecchia nave da guerra è, in realtà, una nave spaziale; quando un personaggio lancia un pacchetto, il pacchetto è in realtà una palla di fuoco; quando un giocatore parla, sta rappresentando una nobildonna, non la sua professione nel mondo reale; ecc. Le regole sociali fuori-gioco sono valide a loro volta, per esempio: rimarremo in-personaggio per la durata dell’esperienza; eviteremo il contatto fisico a meno di consenso esplicito; rispetteremo le safeword quando usate; ecc. Nell’insieme, queste regole costituiscono il contratto sociale del gioco. [4] Quando viene stabilito un contratto sociale, i giocatori possono entrare in modo sicuro nel cerchio magico, un termine poetico che descrive le regole, le identità e gli eventi che avvengono nello spazio di gioco. [5]

Diagramma della terminologia degli studi del gioco di ruolo, inclusa la relazione tra bleed e alibi. Schema Livia Blasi (originale Mat Auryn), Design di Sarah Lynne Bowman. Immagini clipart di Studio_Hades e di j4p4n 

Probabilmente l’aspetto più importante del contratto sociale è l’alibi, in cui i giocatori accettano la premessa per la quale ogni azione durante il gioco è fatta dal personaggio, non dal giocatore. [6] Frasi come: “Non ero io, era il mio personaggio”, e: “è quello che avrebbe fatto il mio personaggio” sono un risultato diretto del vantaggio dell’alibi. In linea di principio, nessun individuo è responsabile delle sue azioni in-personaggio se quegli eventi possono svilupparsi in modo plausibile all’interno della finzione. 

L’alibi ha una correlazione diretta con il bleed: più forte è l’alibi, più debole è il bleed. Al contrario, giocare “vicino casa” dispone di un alibi innatamente più debole. Per esempio, se un giocatore ha dei figli nella vita reale, giocare un genitore in un gioco può probabilmente produrre un bleed più forte e un alibi più debole. Il giocatore può rafforzare l’alibi instaurando delle dinamiche molto diverse tra il personaggio e i suoi figli fittizi, cosa che permette una distanza maggiore [tra finzione e realtà, NdT]. Altrimenti, il giocatore può decidere di spingersi verso un bleed più forte usando i nomi veri dei suoi figli fuori gioco per i suoi figli in gioco.

Nessuna di queste scelte assicurano al personaggio un bleed più forte o più debole, in ogni caso. Il bleed non è un fattore che un giocatore può necessariamente controllare. In effetti, il bleed, quando avviene, è in larga parte un processo inconscio, mentre una scelta cosciente del giocatore per modificare il corso del personaggio è noto come steering (“guida”). [7] Dunque, un giocatore può guidare il suo gioco verso un bleed maggiore spingendo su fattori che hanno la maggior probabilità di scatenare il bleed, ma il bleed non è garantito. [8] Diversamente, i giocatori possono guidare il gioco lontano da fattori potenzialmente impattanti a livello emozionale, ma potrebbero rimanerne comunque affetti. 

Un personaggio dal gioco di ispirazione potteriana Arcaniversitas 2: Il Canto della Sirena (Eryados) è distrutto dalla morte della sua migliore amica in-gioco. Il personaggio che interpreta sua sorella in-gioco la consola. Foto di Flavio Mancinelli
Un personaggio dal gioco di ispirazione potteriana Arcaniversitas 2: Il Canto della Sirena (Eryados) è distrutto dalla morte della sua migliore amica in-gioco. Il personaggio che interpreta sua sorella in-gioco la consola. Foto di Flavio Mancinelli

Tipi di bleed

Il bleed si presenta in due forme principali: il bleed-in — quando le emozioni, i pensieri, le dinamiche relazionali e gli stati fisici del giocatore hanno effetto sul personaggio — e il bleed-out, il processo opposto. [9] Un circolo di retroazione di bleed è pure un fenomeno osservabile quando diventa difficile capire dove inizia il giocatore e dove finisce il personaggio, specialmente in situazioni emozionalmente travolgenti. Per esempio, in giochi in cui i giocatori vivono carenza di sonno e attacchi costanti da parte di nemici, la mente spossata potrebbe avere problemi a distinguere un attacco “finto” da uno “reale”. Questo fenomeno non vuol dire che il giocatore è incapace di sostenere il cerchio magico, ma piuttosto che l’intensità delle emozioni è diventata tanto schiacciante per la mente da causare confusione e difficoltà con i processi diretti di elaborazione e di distanziamento.

Il bleed è più spesso descritto in termini di esperienze emozionali, dacché le emozioni sono gli aspetti meno consci e più spontanei di una messa in scena. In ogni caso, ci sono altri fattori connessi con le reazioni emotive. Pensieri fuori-gioco sono spesso intrecciati con i responsi emotivi, per esempio: “Non posso credere che Johnny stia insultando il mio personaggio. Fa sempre così quando giochiamo insieme”, cosa che potrebbe indurre più avanti uno scoppio di rabbia in-personaggio. Inoltre, le dinamiche relazionali possono avere un impatto sul bleed. Se due giocatori sono migliori amici fuori gioco, potrebbero inconsciamente replicare quella dinamica all’interno del cerchio magico.

Gli stati fisici possono a loro volta produrre bleed, specialmente la privazione del sonno o lo sfinimento fisico, che indeboliscono le difese mentali dei giocatori e li rendono più suscettibili a responsi emotivi. Molti giochi, specie i larp di combattimento a alto livello di immersione, sono costruiti su questo principio, sebbene i designer possano non essere coscienti  di stare creando un gioco progettato per produrre un effetto di bleed.

Un altro tipo di bleed è definito ego bleed da Whitney “Strix” Beltràn. [10] L’ego bleed occorre quando delle parti della personalità dei giocatori filtra in quella dei personaggi, e viceversa. Questo effetto è misurabile soprattutto quando i giocatori dichiarano di aver imparato delle abilità, dalle loro esperienze in-gioco, che si sono poi rivelate utili nella realtà, come capacità di leadership, seduzione, ecc. In ogni caso, una immersione prolungata in aspetti antisociali come complotti violenti e pugnalate alle spalle possono impattare negativamente le personalità dei partecipanti, avendo effetto sulle loro relazioni con gli altri giocatori nel fuori-gioco. [11] La questione è particolarmente problematica nelle campagne di gioco, in cui l’immersione a lungo termine in un particolare personaggio o finzione può produrre quello che Gary Alan Fine chiama overinvolvement [“sovracoinvolgimento”, NdT], un fenomeno in cui i giocatori non dismettono sufficientemente il ruolo e falliscono nel reintegrarsi completamente nelle loro vite reali. [12]

Nella sua emanazione più positiva, le esperienze di bleed possono produrre momenti di catarsi quando le emozioni del giocatore e del personaggio sono sincronizzate in un forte momento di espressione emotiva. La maggior parte delle volte, queste esperienze si palesano in grandi manifestazioni di gioia, amore, rabbia, o dolore; il pianto in-gioco è spesso associato con il bleed. [13] A prescindere dalle intenzioni originali per l’uso di alibi, i giocatori spesso chiamano queste esperienze catartiche i loro Golden Moments [“Momenti d’oro”, ndT], possibilmente perché l’alibi del gioco è ancora abbastanza forte da permettere loro l’opportunità di esprimere emozioni che si sentirebbero inibiti a condividere nella vita reale.

Un personaggio di Tutti hanno un segreto (Chaos League) ha un momento di catarsi relativo alla sua storia passata. Foto di Luca Tenaglia
In Tutti hanno un segreto (Chaos League) un personaggio parla dei suoi problemi. Un altro personaggio lo consola. Il sostegno in-personaggio può aiutare ad affievolire l’impatto negativo del bleed. Foto di Luca Tenaglia

Tuttavia, non tutte le esperienze di bleed sono considerate positive. [14] I giocatori possono, per esempio, sentire un sentimento permanente di aggressione nei confronti di chi era un antagonista del loro personaggio in-gioco. Tali sentimenti possono danneggiare le loro relazioni fuori-gioco. Nello stesso modo, in gioco si possono creare connessioni di intimità amorosa come risultato del bleed. Sebbene alcune di queste relazioni possano essere traslate correttamente nel mondo di fuori, con la formazione di coppie felici come risultato, le relazioni in-gioco possono anche rischiare di danneggiare legami già esistenti complicando dei limiti precedentemente stabiliti o provocando gelosia. [15]

Infine, fare una distinzione tra bleed e l’effetto trigger in senso psicologico è importante. Come spiega Maury Brown, i trigger psicologici nel gioco di ruolo hanno luogo quando qualche stimolo attiva una precedente memoria traumatica e induce un responso. [16] Il responso ai trigger può variare dal medio al grave. Mentre i trigger sono una forma di bleed-in, poiché rappresentano aspetti della psicologia del giocatore che hanno impatto sull’esperienza del personaggio, non tutti i momenti di bleed sono “trigger”. Precauzioni di sicurezza, come segnali in-game e safeword possono aiutare i partecipanti alla comunità a capire quando un giocatore sta avendo un momento catartico di bleed o subendo il trigger perturbante di un trauma precedente.

I dibattiti sul bleed

Alcune comunità di gioco di ruolo considerano il bleed un argomento tabù. A causa del cosiddetto Satanic Panic [17] e altre rappresentazioni esterne di tipo allarmista sui pericoli del gioco di ruolo – es. Mazes and Monsters, The Wild Hunt, Knights of Badassdom – molti partecipanti hanno sopportato decenni di stigma. La paura intorno al gioco di ruolo si basa sull’assunzione che l’immersione in un’altra persona e in un mondo finzionale farà perdere il contatto con la realtà all’individuo, e gli farà dimenticare la propria identità. Nei casi più radicali, i conservatori religiosi paventano che i giocatori di ruolo finiranno per rimanere coinvolti nell’occulto e inizieranno a usare “davvero” la magia (v. Chick Tracts, recentemente adattato per gli schermi nel film Dark Dungeons).

Pertanto, i giocatori di ruolo sono estremamente sensibili a queste accuse e spesso desiderano allontanarsi il più possibile dalla percezione di diventare “troppo vicini” al personaggio. Gli individui che vivono il bleed e soffrono conseguenze negative, come i giocatori che soffrono a lungo per la perdita di un proprio personaggio, potrebbero venire derisi o comunque ostracizzati da alcuni gruppi di gioco. Alcuni giocatori di ruolo rifiutano di ammettere che il bleed esista e stanno sulla difensiva riguardo l’esistenza del concetto in sé, desiderando il rafforzamento dell’alibi a ogni costo. Spesso, questi individui desiderano non essere ritenuti personalmente responsabili per qualunque cosa che il loro personaggio ha fatto in-gioco, comprensibilmente. In ogni caso, un alibi a tenuta stagna può promuovere un atteggiamento altezzoso nei confronti di problemi comuni quali il bullismo individuale e di gruppo in-gioco. Negare che i partecipanti possano essere colpiti dagli eventi di gioco cancella l’esperienza di molti giocatori e non permette loro di farsi sentire quando hanno bisogno di chiedere aiuto.

Alla fine, credo che negare l’esistenza del fenomeno vero del bleed non sia una strategia efficace per gestire la stessa nelle community di gioco di ruolo. Piuttosto, consiglio che i gruppi adottino una terminologia comune e un insieme di tecniche che aiutino le persone a vivere maggiore profondità emotiva in-personaggio e a tornare alle loro vite con un impatto negativo minimo.

Strategie per la gestione del bleed

Che i partecipanti intendano o no giocare per scatenare il bleed, l’impatto delle esperienze di bleed può diventare piuttosto intenso per alcuni individui. I giocatori con una forte distanziamento tra sé stessi e il personaggio possono sentirsi confusi quando un altro partecipante vive una devastazione emotiva di lunga durata a causa della perdita di un compagno in-gioco, per esempio. Credo che dovremmo riconoscere che entrambe le prospettive di questi giocatori siano valide: coloro che sentono fortemente il bleed e quelli che non la sentono. Inoltre, in quanto community, possiamo imparare strategie che aiutino le persone che a fine gioco si sentono emotivamente sopraffatte o confuse a riprendersi. [18]

Una di queste strategie è chiamata segnalazione in-gioco [in-game signaling ndT]. Durante il gioco di ruolo, le tecniche di segnalazione in-gioco aiutano i giocatori a comunicare all’altro se la bleed è divenuta troppo intensa. I giochi possono impiegare segnali con le mani, safeword, Ok check in (vedi figura sotto, ndT), segnali scritti o altri metodi he permettono ai giocatori di indicare a un altro giocatore se sono o no sopraffatti o se hanno bisogno di una pausa. Perché questi segnali siano efficaci, gli organizzatori e i giocatori come comunità devono rinforzarne e incoraggiarne l’utilizzo. In altre parole, i giocatori dovrebbero sentirsi tranquilli nel chiamarsi fuori da una scena in qualunque momento e non dovrebbero sentirsi costretti a continuare solo per evitare di “rovinare” il gioco per gli altri.

In alcune scene larp, una delle metatecniche in uso per la gestione della bleed è l’ok check in, con cui sia organizzatori che giocatori si possano assicurare dell’effettivo stato di un giocatore. Usando il gesto dell’ok si chiede come sta l’altro giocatore; questo può rispondere bene (pollice in su), così così (mano piatta che si fa ondeggiare) o male (pollice in giù). Nel primo caso chi fa la domanda sta tranquillo, nel secondo e nel terzo può decidere come aiutare l’altro giocatore, portarlo in un’area offgame e/o far intervenire gli organizzatori.

Una strategia importante a fine gioco è la creazione di rituali di de-roleing (uscita dal ruolo, ndT). Il de-roleing è un metodo attraverso il quale il giocatore impiega dei rituali per mettere da parte il ruolo e rientrare nella propria identità. Alcune strategie per il de-roleing includono: la rimozione, da parte dei giocatori, di una parte del costume del personaggio, esponendola di fronte e sé mentre si è in cerchio; la dichiarazione per ciascun partecipante di cosa vuole portare con sé dal personaggio e cosa vuole lasciare dietro; una meditazione guidata dagli organizzatori per i giocatori che aiuti questa transizione, ecc. Queste azioni simboliche permettono ai giocatori di passare dall’inquadratura del personaggio a quella del giocatore in modo che sia più graduale di un passaggio netto.

Il debriefing è un’altra strategia utile per aiutare i giocatori a elaborare le proprie emozioni. La creazione uno spazio formale nel dopo gioco, affinché i giocatori possono esprimere le loro emozioni e condividere storie in modo serio, spesso aiuta a contestualizzare il bleed. Inoltre, l’assegnazione di un “debrief buddy” [un compagno di debrief, ndT] fornisce ai giocatori una rete di sostegno emotivo una comunicazione privata con un altro partecipante nel periodo che segue il larp. Comunicare positivamente, fuori-personaggio, con i giocatori con cui sono state condivise scene intense, può alleviare delle emozioni negative persistenti, per esempio: “Mi dispiace che il mio personaggio sia stato così crudele nei confronti del tuo in-gioco. Vorresti parlarne?”

Per una discussione più ampia su debriefing fate riferimento al mio articolo in questa serie, “Ritorno al mondo reale”. [19]

A livello informale, i giocatori possono anche partecipare a momenti di socializzazione fuori-gioco, come cene, feste post-larp, eventi di beneficenza ecc. Questi eventi aiutano i giocatori a sentirsi connessi con la community fuori dal contesto del mondo di finzione e dei propri personaggi. Gli eventi sociali rinforzano la natura di co-creazione dell’esperienza del gioco di ruolo e aprono spazi al dialogo sul gioco, permettendo una comunicazione più vasta. I forum online e i social media possono anche contribuire a questo obiettivo, se usati con l’intenzione di costruire una community fuori-gioco.

Alcuni giocatori trovano che la scrittura sia una strategia utile per la gestione del bleed. Alcuni esempi includono l’uso di un diario in-personaggio e fuori-personaggio, la scrittura di una lettera al proprio personaggio, la creazione di nuove storie per quel personaggio, la condivisione delle memorie di gioco scritte con altri partecipanti, ecc. Raccontare “storie di guerra” [war stories in originale, ndT] è un altro metodo popolare per questa condivisione. Esternare le esperienze in modo lineare, sia oralmente che su carta, sembra aiutare immensamente poiché permette ai giocatori l’opportunità di inquadrare la propria storia in maniera pratica.

Altre strategie includono l’immersione in altre esperienze. Alcune persone possono facilmente buttarsi a capofitto nel lavoro, mentre altri hanno difficoltà a tornare alle propria vita quotidiana. Spesso, le prime 48 ore dopo un gioco lungo un weekend possono essere difficili in termini di adattamento. Giocare ai videogiochi, a un altro gioco di ruolo, o immergersi in un’altra realtà di finzione come una serie televisiva può aiutare questa transizione. Ancora più importante è dedicarsi a dormire, mangiare, lavarsi in modo adeguato, poiché aiuta il giocatore a “resettarsi” a uno stato psicologico che abbia una qualche somiglianza con la normalità. Per altre informazioni, leggete il mio articolo scritto con Evan Torner sulla “depressione post-larp”. [20

Una esperienza collettiva

A prescindere dal grado di immersione o di bleed di ciascun giocatore, alla fine l’esperienza del gioco di ruolo è una esperienza di co-creazione e una esperienza collettiva. Capire il bleed e sviluppare strumenti per gestire in modo compassionevole le reazioni emozionali intense può aiutare le community di gioco di ruolo a raggiungere un grado più alto di fiducia e collaborazione. Riconoscere che ciascun individuo contribuisce a una parte importante dell’insieme è un passo importante di questo processo. Una community in salute è fatta di individui che si sentono sicuri e capaci di comunicare apertamente gli uni con gli altri delle proprie esperienze. 

L’autore

Sarah Lynne Bowman è studiosa, insegnante, organizzatrice e game designer. Nel 2010 McFarland Press ha pubblicato la sua tesi The Functions of Role-playing Games: How Participants Create Community, Solve Problems and Explore Identity. Bowman ricopre il ruolo di Redattore Coordinatore per l’International Journal of Role-Playing e per Nordiclarp.org. È stata capo organizzatrice per la Living Games Conference 2016, ha fatto parte di numerose commissioni per LGC 2018, e ha aiutato a coordinare la conferenza Role-playing and Simulation in Education Conference nel 2016 e nel 2018.

Bibliografia

1.Markus Montola, “The Positive Negative Experience in Extreme Role-playing.” Proceedings of DiGRA Nordic 2010: Experiencing Games: Games, Play, and Players, 2010Sarah Lynne Bowman, “Social Conflict in Role-playing Communities: An Exploratory Qualitative Study,” International Journal of Role-Playing 4, 2013, pp.17-18.
2.Jeepform Dictionary, “Bleed,” Jeepen.org.
3.Markus Montola, “Social Reality in Role-playing Games,” in The Foundation Stone of Nordic Larp, edited by Eleanor Saitta, Marie Holm-Andersen, and Jon Back (Toptryk Grafisk, Denmark: Knutpunkt, 2014), 103-112.
4.Shoshana Kessock, “Ethical Content Management and the Gaming Social Contract,” in The Wyrd Con Companion Book 2013, edited by Sarah Lynne Bowman and Aaron Vanek (Los Angeles, CA: Wyrd Con), 102-111.
5.Johan Huizinga, Homo Ludens: A Study of the Play-Element in Culture (Boston, MA: Beacon Press, 1958); Katie Salen and Eric Zimmerman, Rules of Play: Game Design Fundamentals (Cambridge, MA: MIT Press, 2004); Markus Montola, On the Edge of the Magic Circle. Understanding Role-Playing and Pervasive Games, Doctoral Dissertation (Tampere, Finland: Tampere University Press, 2012).
6.Markus Montola and Jussi Holopainen, “First Person Audience and Painful Role-playing,” in Immersive Gameplay, edited by Evan Torner and William J. White (Jefferson, NC: McFarland, 2012).
7.Markus Montola, Jaakko Stenros, and Eleanor Saitta, “The Art of Steering: Bringing the Player and the Character Back Together,” in The Knudepunkt 2015 Companion Book, edited by Charles Bo Nielsen and Claus Raasted (Copenhagen, Denmark: Rollespilsakademiet, 2015), 10-117.
8.Mike Pohjola, “Steering for Immersion in Five Nordic Larps: A New Understanding of Eläytyminen,” in The Knudepunkt 2015 Companion Book, edited by Charles Bo Nielsen and Claus Raasted (Copenhagen, Denmark: Rollespilsakademiet, 2015), 10-117.
9.Montola, “Positive Negative”; Bowman, “Social Conflict.”
10.Whitney “Strix” Beltran, “Yearning for the Hero Within: Live Action Role-Playing as Engagement with Mythical Archetypes,” in Wyrd Con Companion 2012, edited by Sarah Lynne Bowman and Aaron Vanek (Los Angeles, CA: Wyrd Con, 2012), 91-98.
11.Whitney “Strix” Beltran, “Shadow Work: A Jungian Perspective on the Underside of Live Action Role-Play in the United States,” in The Wyrd Con Companion Book 2013, edited by Sarah Lynne Bowman and Aaron Vanek (Los Angeles, CA: Wyrd Con, 2013), 94-101.
12.Gary Alan Fine, Shared Fantasy: Role-playing Games as Social Worlds (Chicago, IL: University of Chicago Press, 1983).
13.Sarah Lynne Bowman, “Bleed: How Emotions Affect Role-playing Experiences,” Nordic Larp Talks Oslo, 2013.
14.Bowman, “Social Conflict”
15.Gordon Olmstead-Dean, “Impact of Relationships on Games,” in Lifelike, edited by Jesper Donnis, Morten Gade and Line Thorup (Copenhagen: Projektgruppen KP07, 2007), 195-210; Bowman, “Social Conflict.”
16.Maury Brown, “Pulling the Trigger on Player Agency: How Psychological Intrusion in Larps Affect Game Play,” in The Wyrd Con Companion Book 2014, edited by Sarah Lynne Bowman (Los Angeles, CA: Wyrd Con), 96-111.
17.Stark, Lizzie. Leaving Mundania: Inside the Transformative World of Live Action Role-playing Games. Chicago, IL: Chicago Review Press, 2012.
18.Johanna Koljonen, Peter Munthe-Kaas, Bjarke Pedersen, and Jaakko Stenros, “The Great Player Safety Controversy,” Panel al Solmukohta 2012,  Nurmijärvi, Finland, April 13, 2012; Johanna Koljonen, “The Second Great Player Safety Controversy,” Presentazione al Knutepunkt 2013, Haraldvangen, Norway, April 19, 2013; Johanna Koljonen, “Safety in Larp,” Presentazione al Larpwriter Summer School 2013, Vilnius, Lithuania, ultima modifica Aug. 1, 2013, YouTube, Fantasiforbundet, https://www.youtube.com/watch?v=Qho9O_EMG34; Johanna Koljonen, “Emotional and Physical Safety in Larp – Larpwriter Summer School 2014,” Presentazione al Larpwriter Summer School 2014, Vilnius, Lithuania, ultima modifica Aug. 3, 2014, YouTube, Fantasiforbundet, https://www.youtube.com/watch?v=g-cPmM2bDcU.
19.Sarah Lynne Bowman, “Returning to the Real World: Debriefing After Role-playing Games,” Nordiclarp.org, Dec. 8, 2014.
20.Sarah Lynne Bowman and Evan Torner, “Post-Larp Depression,” Analog Game Studies 1, no. 1. (1 Aug 2014).